17 Dic Intervista ad Antoine Levi per Paris International
1. Perché e com’è nata la vostra fiera?
Paris Internationale è nata dalla voglia di dare spazio alle gallerie della stessa generazione della mia a Parigi, dove la FIAC non poteva ospitare tutti durante un tale periodo effervescente dell’anno e così importante.
Parigi, essendo una delle capitali dell’arte con un potenziale che giudico ancora da scavare e da sfruttare, non poteva ignorare questa realtà. Allora con amici e colleghi galleristi ci siamo messi ad immaginare a luglio 2015 una grande mostra all’interno di un grande appartamento hausmanniano, che è poi diventata una fiera. In tre mesi abbiamo organizzato la prima edizione di Paris Internationale, è stato pazzesco.
2. Secondo quali principi vengono selezionati gli espositori? Che target prediligete?
Non ci sono application, scegliamo le gallerie per il loro profile, siamo gallerie che scelgono gallerie e non artisti. Privilegiamo quello che riteniamo possa avere una bella ed interessante risonanza nel panorama dell’arte, e così aiutiamo anche delle gallerie molto giovane ad avviare la loro carriera in un contesto 100% professionale ma non troppo rigido, ed invitiamo ogni anno degli spazi non-profit gratuitamente.
3. Il pubblico di addetti ai lavori che frequenta la fiera è costituito maggiormente da chi?
Direi che è il solito pubblico che compone le fiere, ma abbiamo in più tantissimi studenti che seguono carriere artistiche, economiche, scienze umani, politica, ecc. Insomma, ci si aggiunge una folla di gente che ama fare le fiere in atmosfere rilassate e senza troppa mondanità, che vuole vedere una fiera diversa senza sentirsi sminuiti dall’apparente aristocrazia dell’arte – che è del resto un’invenzione stupida e snob.
4. Il pubblico generico a che target corrisponde maggiormente (età, capacità d’acquisto, interesse portato avanti)?
Non saprei, la fiera presenta anche un aspetto eteroclito e variegato, per cui sposiamo un ventaglio molto ampio di gusti, di preferenze.
Le statistiche, anche se molto utili, non entrano nelle conversazioni intime e discrete tra galleristi e per cui è impossibile dare cifre precise, anche perché una fiera continua spesso dopo l’ultimo giorno, ci sono affari o interessi che possono aprirsi.
5. Come viene percepita la fiera nella città che la ospita? Viene sostenuta dalle istituzioni locali? Se sì, in che modo?
Siamo fortunati di organizzare PI in una città che ci sostiene molto; non ci sono aiuti economici (tranne dagli sponsor) che provengano dal municipio o dalle istituzioni, ma sappiamo che vengono a visitarci.
PI è sentita come un’ondata fresca a Parigi, come qualcosa di cui si sentiva la necessità da anni e che è finalmente avvenuta.
6. Che tipo di relazione intercorre tra la vostra fiera e la fiera parallela più grande?
Lavoriamo insieme alla FIAC, non ci sono antagonismi come sovente la stampa cerca di creare per fare vendibili polemiche. PI esiste perché c’è la FIAC, non avrebbe più senso farla in un altro momento dell’anno, almeno sotto forma di fiera. Direi che i rapporti sono ottimi, sappiamo tutti che cosa porta l’altro.
7 .In base a cosa scegliete il tema annuale?
Non ce n’è, cerchiamo soltanto di creare un evento che possa essere benefico per tutti, gradevole, di cui ci si ritenga un ricordo bello, che ci si ricordino soprattutto le opere viste, gli artisti, i progetti e lo stile delle gallerie.
8.È previsto un Public Program? Se sì, quanto peso ha nella progettazione dell’evento? Ha un focus maggiormente critico/curatoriale con lectures e tavole rotonde o è più performativo?
Ogni anno viene organizzato un programma pubblico, conferenze, performances, chiunque volesse partecipare o assistere è sempre benvenuto. Ricordo che l’ingresso alla fiera è gratuito, esattamente come nelle gallerie.
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